I dati sull’adozione dell’Intelligenza Artificiale nelle aziende parlano chiaro: la propensione ad inserirla nelle strategie di business è dichiarata ma lo è anche il timore di esporsi a rischi di concorrenza, sicurezza e compliance. Il rapporto dell’International Data Corporation dello scorso ottobre stima un tasso di crescita annuale dell’IA pari a 30,4%, fino ad una spesa di 509,1 miliardi di dollari prevista per il 2027. Ma, come agli albori di ogni innovazione tecnologica, non mancano le perplessità, soprattutto quando in dubbio c’è la salvaguardia del proprio know how. Emerge quindi la necessità di un compromesso tra funzionalità avanzate, costi e protezione dei dati.
Una soluzione che garantisca tutti questi vantaggi esiste già, è l’IA Ibrida, una combinazione di Public e Private AI che trae il meglio da entrambi i modelli. Non ne hai mai sentito parlare? Vediamo insieme di cosa si tratta, partendo da un’analisi dell’impatto dei modelli più comuni.
È l’architettura più diffusa e conosciuta, proposta da colossi come Open AI, Microsoft, Google, Meta e Amazon. Ospitati in un ambiente collettivo di dominio pubblico, questi modelli di apprendimento linguistico (spesso citati come LLM) imparano grazie alle interazioni delle migliaia di utenti che possono avervi accesso.
A fronte delle incredibili prestazioni abilitate, non è tuttavia difficile scorgerne il retro della medaglia. Passiamo in rassegna i contro dell’intelligenza artificiale pubblica:
il più evidente è proprio il principio alla base del suo funzionamento: la raccolta dei dati di chi ne fa uso che utilizza per addestrare continuativamente gli applicativi a rispondere in modo immediato e pertinente ad ogni tipo di richiesta. Essendo gli algoritmi dell’IA Pubblica comuni a tutti i clienti, il rischio è che questo possa favorire anche i competitor;
utilizzando LLM comuni, non sviluppati su misura delle peculiari esigenze di ogni business, queste piattaforme collettive rischiano di non aderirvi perfettamente;
dal momento che le informazioni vengono reperite nel “mare magnum” del web, le risposte fornite potrebbero non essere completamente “aderenti” allo specifico settore di attività dell’azienda che ne fa uso;
non essendo possibile verificare a quali materiali i sistemi di Public AI ricorrano per esaudire le nostre richieste, non si ha prova della loro conformità ai regolamenti europei ed internazionali, come il General Data Protection Regulation, l’American Data Privacy and Protection Act, etc;
non si ha la certezza di come funzionino le piattaforme di GenAI collettiva e dunque nemmeno della solida sicurezza informatica necessaria per proteggere l’infrastruttura, i sistemi e, naturalmente, i dati.
Per ovviare a queste problematiche, negli ultimi anni si è molto dibattuto sulla possibilità di sviluppare un’alternativa privata che consenta alle aziende di mantenere il pieno controllo sui dati, ma, per il momento, non esiste soluzione in-house che assicuri al contempo le medesime performance del modello pubblico. Le big tech la studiano dal 2017 senza essere riuscite ad ottener risultati sostenibili e scalabili.
Per Private AI si intende infatti un ambiente protetto, creato da o per un’organizzazione specifica nelle proprie infrastrutture e progettato per un uso esclusivo con Large Language Models addestrati con soli set di dati proprietari a cui l’azienda è l’unica a poter fare accesso.
L’IA Privata comporta tuttavia diverse esigenze di cui farsi carico:
risorse hardware molto sofisticate per processare i dati in tempi rapidi e con performare soddisfacenti;
la possibilità di affidarsi a data scientist, ingegneri informatici e developer per lo sviluppo e la manutenzione nel tempo questo tipo di infrastruttura. Competenze non così diffuse nei team interni e costose da commissionare esternamente;
periodici retraining per mantenere aggiornate ed accurate le risposte fornite con conseguente rialzo delle spese.
Come si suol dire, In media stat virtus e, in questo caso, anche la soluzione: l’IA Ibrida meglio conosciuta come Hybrid AI. Capiamo meglio come funziona quella che in molti definiscono l’intelligenza artificiale del futuro.
Come nella configurazione dell’IA privata:
il Large Language Model utilizzato è addestrato in base alla documentazione interna e, dunque, in grado di fornire risposte attinente all’ambito di competenza, accurate e dettagliate rispetto al know how aziendale;
queste risorse vengono mantenute in locale, dissociate dai tenant pubblici, così che l’azienda possa avere la piena sovranità della piattaforma e dei suoi contenuti, governandone l’accesso grazie al settaggio di diversi gradi di autorizzazione per utenti ed applicazioni esterne;
il dominio end to end dei propri dati e l’utilizzo di connessioni di rete dedicate per spostarli, rende le aziende pronte ad affrontare ogni futura normativa che regolamenterà l’universo AI a livello globale, soddisfando i più severi requisiti di conformità ed evitando così di esporre l’azienda a possibili azioni legali;
Ma come contiene può contenere i costi infrastrutturali e formativi dei Large Language Model privati? Prendendo spunto dalla IA pubblica e facendosi aiutare da una tecnica innovativa chiamata RAG, acronimo di Retrieval-Augmented Generation.
Andiamo per punti:
utilizza i modelli di machine learning resi disponibili in cloud dall’IA pubblica, come abbiamo visto molto più economici rispetto all’ecosistema in-house, facendo venire meno la necessità di muovere i dati al di fuori del contesto aziendale, mantenendoli al sicuro da ogni possibile tentativo di uso improprio;
a garantire la preziosa staticità ci pensa la RAG. Nell’Hybrid AI gli LLM sono infatti ottimizzati grazie all’afflusso mirato di informazioni attuali provenienti dal web, richieste “on demand” quando necessario per completare o aggiornare quelle messe a disposizione dalla knowledge base. Questa operazione avanzata avviene inoltre senza che si modifichi il modello sottostante e dunque non attivando la necessità di investire in una nuova formazione. Il vantaggio è un netto miglioramento dell’output generato, con allucinazioni ridotte al minimo ed interazioni più affidabili che a loro volta alimentano la fiducia dei clienti nei confronti della piattaforma e dell’azienda.
In questo periodo di transizione verso una nuova era tecnologica, per tutte le realtà proiettate al futuro è cruciale la scelta di un approccio all’Intelligenza Articiale in linea con le proprie esigenze ed obiettivi. In particolare, per gli ambiti soggetti a maggior regolamentazione dove l’impatto di una implementazione approssimativa della strategia di AI può avere ricadute anche sul fronte legale.
L’IA Ibrida può essere quindi la chiave per le imprese italiane e non per superare le sfide sottese a questa radicale innovazione. Una soluzione democratica e personalizzata, adatta al contesto pubblico come al privato, alle multinazionali come alle PMI in grado di abilitare straordinarie potenzialità di efficientamento e competitività per ogni settore. L’ottimizzazione dei processi produttivi, dell’impiego delle risorse interne e della cura dei propri clienti sono solo i primi risultati che si possono cogliere da un utilizzo studiato e consapevole della GenAI che a lungo termine consolida il patto di fiducia con dipendenti e stakeholder, focalizza gli investimenti sullo sviluppo e determina una maggior competitività dell’intera organizzazione.
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